OnlyFans non è una lezione da insegnare

Pubblicato il 25 marzo 2025 alle ore 13:00

Maestra su OnlyFans: libertà personale o messaggio sbagliato?

La notizia ha fatto rapidamente il giro dei social e dei media online: un’insegnante di scuola primaria, insoddisfatta dello stipendio da maestra, ha deciso di aprire un profilo su OnlyFans per integrare le sue entrate. Le foto pubblicate, stando a quanto si legge, sono esplicite e rivolte a un pubblico adulto.

A colpire, però, non è stata tanto la sua decisione quanto la reazione di molte madri degli alunni: in tanti si sono schierati a suo favore, parlando di libertà personale, diritto all’autodeterminazione e legittima necessità economica.

Ed è vero: una donna ha il diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo. Un’insegnante malpagata ha tutto il diritto di cercare un’alternativa economica. Nessuno dovrebbe essere condannato moralmente per scelte fatte con consapevolezza.

Ma il vero problema non è la libertà individuale.
Il punto cruciale è il ruolo sociale che una maestra – o qualsiasi educatore – ricopre all’interno della comunità.

Un’insegnante non è soltanto una dipendente pubblica: è un punto di riferimento, un modello educativo, una figura che contribuisce in modo profondo alla formazione dei bambini e dei ragazzi. Quando chi occupa un ruolo educativo sceglie di affiancare alla cattedra una presenza attiva su una piattaforma come OnlyFans, il rischio è quello di indebolire la credibilità e il valore simbolico del mestiere dell’insegnante.

Il messaggio implicito che passa – al di là delle intenzioni personali – è questo:
con lo stipendio da insegnante non si vive, se vuoi guadagnare davvero, devi esporti, anche sessualmente.

Ed è un messaggio sbagliato.

Non è un buon esempio per i bambini, che apprendono anche attraverso l’imitazione.
Non lo è per i ragazzi, già immersi in una cultura che associa il successo alla visibilità e il valore all’esposizione del corpo.
E non lo è per noi adulti, che dovremmo chiederci quale tipo di società vogliamo costruire, e quali modelli stiamo legittimando.

Questo non è un discorso moralista.
Non è una critica alla libertà sessuale, né una condanna a chi cerca soluzioni alternative per sopravvivere.

Ma ci sono ruoli, come quello dell’insegnante, che richiedono una responsabilità in più. Ruoli educativi che dovrebbero promuovere valori come impegno, conoscenza, dignità professionale, e non l’idea che i soldi si possano (e debbano) fare esponendosi.

Se oggi gli stipendi degli insegnanti non sono dignitosi, la battaglia dovrebbe essere politica, culturale e collettiva.
Normalizzare l’idea che una maestra possa (o debba) aprire OnlyFans per arrivare a fine mese è un cortocircuito sociale.
E come ogni cortocircuito, prima o poi lascia il segno.

Le insegnanti – come i medici, i giudici, gli educatori – non sono supereroi.
Ma sono, o dovrebbero essere, esempi positivi.
E se non sono loro a insegnare ai nostri figli che il valore non si misura in like o abbonamenti... chi lo farà?

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