Felici a tutti i costi

Pubblicato il 27 marzo 2025 alle ore 13:00

Anche la felicità è diventata un obiettivo da raggiungere.

Siamo la generazione che deve riuscire in tutto.
Nel lavoro, nei rapporti, nella genitorialità. E persino nel benessere.
Non basta essere bravi, stabili, presenti: dobbiamo essere felici.
Ma non una felicità qualsiasi. Una felicità visibile, coerente, comunicabile. Una felicità che si possa raccontare – magari anche postare – e che diventi prova tangibile della nostra “riuscita” come esseri umani.

Il problema? Che anche la felicità è diventata una prestazione.
E quando tutto diventa una prestazione, anche ciò che dovrebbe salvarci comincia a stancarci.

Siamo circondati da messaggi che ci spingono a migliorarci continuamente: mindset giusto, abitudini sane, meditazione, detox digitale, equilibrio tra lavoro e vita privata, relazioni consapevoli, comunicazione non violenta.
Tutti strumenti validi, bellissimi, anche trasformativi.
Ma anche lì, dentro quell’apparente spazio di libertà, si nasconde una trappola: l’idea che se non stai bene, se non sei serena, se non sei in pace... allora non stai facendo abbastanza.

Come se la tristezza, il dubbio, l’irrequietezza non fossero più parti legittime della vita, ma segnali di fallimento personale.

Per anni ho lavorato in multinazionali dove la performance era la metrica principale. KPI, obiettivi, valutazioni, ottimizzazione del tempo.
E in fondo, credevo fosse normale.

Poi ho cambiato vita, e ho scoperto che anche fuori dal mondo aziendale – anche nel tempo "libero", anche nella maternità, anche nella scrittura – quella pressione non mi lasciava mai.
Come se ogni scelta dovesse comunque produrre qualcosa.
Un risultato. Una forma. Un senso.

Eppure ci sono giorni, settimane, interi periodi in cui non produco nulla di chiaro.
Solo vita che accade.
E mi sto insegnando – lentamente – a non vergognarmene.

Essere felici non dovrebbe essere un imperativo.
A volte siamo solo stanchi. Confusi. In dubbio.
E va bene così.

Non dobbiamo trasformare anche la pace interiore in un obiettivo da raggiungere a tappe.
Possiamo imparare a restare. Ad ascoltarci. A stare nei giorni “non performanti” senza sentirci meno validi.

Forse la vera libertà, oggi, è smettere di dover dimostrare continuamente di essere felici.
E cominciare a esserlo – a tratti, in modo imperfetto – senza ansia da prestazione.

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